Appalti, il Consiglio di Stato stoppa Cantone sulle raccomandazioni vincolanti: eccesso di delega

Il regolamento sulla vigilanza dell’Anac – dice Palazzo Spada in un parere appena uscito – rischia di produrre pochi effetti e di eccedere i limiti della legge delega

Rivedere il nuovo istituto delle raccomandazioni vincolanti. Perché, per come è strutturato, rischia di sortire scarsi effetti e, comunque, di eccedere i limiti della legge delega. È la durissima presa di posizione che il Consiglio di Stato ha appena espresso nel suo parere n. 2777 del 2016 sul regolamento dell’Anac che regola il potere di vigilanza dell’Autorità, in base al Dlgs n. 50 del 2016. Il potere di chiedere alle Pa l’annullamento forzoso di atti di gara, quindi, non può essere facilmente inquadrato nel nostro ordinamento. Sarebbe, allora, meglio riformarlo. Anche se Palazzo Spada lascia, comunque, una via d’uscita all’Anac.

Lo schema di regolamento dell’Autorità sottoposto al Consiglio di Stato regola il potere di vigilanza e, nello specifico, il potere di effettuare raccomandazioni vincolanti nei confronti delle stazioni appaltanti, «per l’annullamento in autotutela di atti della procedura di gara illegittimi». È proprio il potere di effettuare, grazie a un istituto nuovo, raccomandazioni vincolanti che lascia dubbi ai giudici. In base al Codice, infatti, l’Anac può invitare le amministrazioni ad agire in autotutela o, in alternativa, a pagare una sanzione fino a un massimo di 25mila euro, con annesse conseguenze sul fronte del sistema reputazionale delle stazioni appaltanti.

Il Consiglio di Stato già in passato aveva espresso «motivate riserve» sul nuovo strumento, «segnalandone la natura di annullamento mascherato non facilmente compatibile con il riparto delle competenze riconosciute alle singole amministrazioni». Adesso, torna a ribadire quella posizione. I dubbi partono dal fatto che la legge delega non immaginava di fare della raccomandazione vincolante «una forma, anche indiretta, di annullamento d’ufficio»: il principio generale, infatti, è che l’annullamento può essere esercitato solo dall’organo che ha emanato il provvedimento.

Al di là dell’inquadramento formale, ci sono poi dei dubbi sostanziali sull’istituto. Soprattutto, non è detto che sia efficace nella pratica, dal momento che non è escluso che «la stazione appaltante possa sottrarsi alla raccomandazione, restando inerte o confermando espressamente l’aggiudicazione ritenuta illegittima, preferendo andare incontro alle sanzioni». In questo quadro, la sanzione reputazionale ha scarso valore. Anche perché l’effetto perverso di questo strumento potrebbe essere la creazione di un contenzioso tra stazioni appaltanti e Anac, in materia di raccomandazioni vincolanti, aggiuntivo a quello già esistente.

«Alla stregua di quanto esposto – conclude il parere -, occorre quindi segnalare ancora una volta al Governo la necessità di riconsiderare la disposizione dell’articolo 211, comma 2, del codice», in materia di raccomandazioni vincolanti.
Quindi, bisogna ritoccare questo istituto in sede di correttivo. Anche se il Consiglio di Stato lascia un’alternativa, in base al principio di leale collaborazione con il Governo: la raccomandazione vincolante, cioè, potrà essere interpretata nell’ambito della legge n.241/1990 «quale provvedimento amministrativo a contenuto decisorio e a carattere autoritativo, che obbliga la stazione appaltante a esercitare formalmente il potere di autotutela, annullando l’atto ritenuto illegittimo e rimuovendone gli eventuali effetti. La stazione appaltante è tenuta ad adeguarsi alla raccomandazione vincolante entro il termine massimo di 60 giorni fissato dall’Anac. Se dissente dalla raccomandazione, può chiederne, entro 20 giorni, il riesame in sede amministrativa alla stessa Autorità ai sensi dell’art. 20, comma 5, dello schema di regolamento».