Correttivo, requisiti «gara per gara» per i raggruppamenti: rischio caos dietro l’angolo

A regime ogni ente appaltante potrebbe regolare diversamente la qualificazione dei gruppi temporanei. Rimasta qualche sovrapposizione sul rating di impresa

 

Le correzioni apportate dal Dlgs 56/2017 relative al regime di qualificazione degli esecutori dei lavori possono essere riportate a tre ambiti: sistema di qualificazione in sé considerato, rating di impresa e avvalimento. In linea generale le modifiche introdotte – analogamente a quanto avviene per altri ambiti – riguardano aspetti puntuali della disciplina, senza alcuna pretesa di organicità. Questa impostazione comporta peraltro in più di un punto un difetto di coordinamento con la normativa originaria del Dlgs 50/2016, con conseguenti difficoltà interpretative.

I requisiti dei raggruppamenti temporanei
Una disposizione destinata presumibilmente a far discutere e anche a creare problemi applicativi è quella conseguente all’introduzione del secondo periodo del comma 8 dell’articolo 83. In base ad essa nel bando possono essere indicate le misure in cui i requisiti di qualificazione devono essere posseduti da ciascuna delle imprese raggruppate o consorziate, fermo restando che l’impresa mandataria deve possedere tali requisiti (ed eseguire le prestazioni) in misura maggioritaria.
Si tratta di una novità che modifica sensibilmente l’assetto normativo fino ad oggi vigente. Tale assetto prevede che la misura dei requisiti è stabilita in via normativa, in termini generali (articolo 92 del Dpr 207/2010, tuttora in vigore); e anche lo schema di Linee guida Anac sul sistema di qualificazione riproduce tale impostazione.

Con la modifica del decreto correttivo viene invece previsto da un lato che la determinazione di tale misura sia operata di volta in volta dal singolo ente appaltante in sede di bando; dall’altro, che tale determinazione sia eventuale, potendo quindi per ipotesi anche mancare del tutto.

Notevoli sono i problemi applicativi che tale innovazione è destinata a creare. Sotto il profilo del regime transitorio, si deve ritenere che essa faccia venire meno da subito le previsioni contenute nell’articolo 92 del Dpr 207, trattandosi di una previsione legislativa sopravvenuta incompatibile con le richiamate disposizioni regolamentari. A regime, si delinea una situazione di potenziale disomogeneità di comportamenti da parte dei diversi enti appaltanti, ognuno dei quali potrebbe regolare diversamente la qualificazione dei raggruppamenti temporanei.

Va infine evidenziato che le scelte degli enti appaltanti sono destinate ad operare solo in relazione ai raggruppamenti di tipo orizzontale. Infatti, per i raggruppamenti di tipo verticale vale comunque l’indicazione legislativa, secondo cui tali requisiti devono essere posseduti dalla mandataria con riferimento ai lavori della categoria prevalente e da ciascuna delle mandanti con riferimento ai lavori della categoria scorporabile.

Il rating d’impresa
Attraverso la riscrittura del comma 10 dell’articolo 83 il correttivo ha poi modificato in maniera significativa la disciplina del così detto rating d’impresa. In particolare, sembra mutare la logica che è alla base dell’istituto: non più certificazione a carattere obbligatorio, in quanto funzionale alla qualificazione delle imprese, ma strumento facoltativo finalizzato ad ottenere un’eventuale punteggio premiale in sede di gara.
Analogamente a quanto previsto nella versione originaria del Dlgs. 50, il relativo sistema viene sempre gestito e istituito dall’Anac e continua a fondarsi sulla valutazione di requisiti reputazionali dell’impresa, espressi sulla base di indici qualitativi e quantitativi che devono essere oggettivi e misurabili, nonché di accertamenti definitivi che esprimono l’affidabilità dell’impresa.

La definizione dei requisiti reputazionali e dei relativi indici è demandata ad apposite Linee guida dell’Anac, di cui si prevede l’emanazione entro tre mesi dall’entrata in vigore del Decreto correttivo (correggendo l’originario termine che era di un anno dall’entrata in vigore del Dlgs 50).

Quanto alle indicazione fornite dal legislatore sul contenuto dei requisiti reputazionali – cioè sugli elementi da prendere in considerazione per la definizione degli stessi – rispetto alla disciplina previgente vi sono alcune conferme ma anche delle diversità.
Gli elementi che vengono confermati sono:
a) il rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione di precedenti contratti;
b) l’incidenza e gli esiti del contenzioso sia in sede di gara che in fase esecutiva.
I nuovi elementi sono invece:
a) il mancato utilizzo del soccorso istruttorio;
b) l’eventuale denuncia obbligatoria di richieste estorsive e corruttive, prevista dalla normativa.

Infine, vengono eliminati i seguenti elementi:
a) il rating di legalità che doveva essere rilevato dall’Anac in collaborazione con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato;
b) la regolarità contributiva, riferita al triennio precedente.

Per questo rating di impresa nella sua nuova versione, viene prevista anche un’applicazione temporale che non era invece contemplata nel precedente regime normativo. Con una importante precisazione di carattere innovativo, viene infatti stabilito che il comportamento delle imprese da prendere in considerazione ai fini dell’attribuzione del rating è quello relativo alle procedure di affidamento – e ai conseguenti contratti – avviate dopo l’entrata in vigore del Decreto correttivo. Per i comportamenti pregressi, viene prevista unicamente l’attribuzione da parte dell’Anac di «elementi premiali» alle imprese che se ne siano rese meritevoli; formulazione che presenta molte incertezze, non essendo chiaro a quali fini tali elementi vengano rilasciati e quali effetti possano avere in concreto.

Infine, viene confermato – riprendendo quanto già previsto nel Dlgs. 50, sia pure con una formulazione di tipo diverso – che nelle medesime Linee guida relative al rating di impresa deve essere istituito un sistema amministrativo, gestito dalla stessa Anac, diretto a stabilire premialità e penalità in relazione all’avvenuta o alla mancata denuncia obbligatoria da parte delle imprese appaltatrici – ma anche subappaltatrici o che forniscono materiali o servizi – di richieste estorsive o corruttive. Tale sistema deve altresì prevedere un regime sanzionatorio per l’ipotesi di omessa denuncia.

Al di là delle specifiche modifiche introdotte, ciò che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe mutare è la funzione dell’istituto. Nel regime delineato dal Dlgs 50 veniva infatti previsto – con un’esplicita formulazione contenuta nel comma 10 – che il rating di impresa doveva trovare applicazione «ai soli fini della qualificazione delle imprese». In sostanza, era un elemento da prendere in considerazione (esclusivamente) a tali fini, e in questo senso se ne deduceva il suo carattere obbligatorio.

Le difficoltà conseguenti a questa impostazione – evidenziate peraltro dalla stessa Anac – hanno portato il legislatore a mutare prospettiva. Il rating di impresa assume carattere volontario, nel senso che viene rilasciato – attraverso apposita certificazione – su richiesta della singola impresa. La sua finalità deve essere messa in collegamento con la previsione contenuta nell’articolo 95, comma 13, del D.lgs. 50, secondo cui le stazioni appaltanti possono indicare nel bando di gara criteri premiali da applicare in sede di valutazione dell’offerta in relazione al possesso da pare dei concorrenti del rating di impresa.

Va peraltro evidenziato anche in questo caso un difetto di coordinamento che introduce un fattore di confusione nel quadro delineato. L’articolo 84, comma 4, nel definire gli elementi fondamentali cui devono attenersi le Soa nell’attività di attestazione, alla lettera d) continua a riferirsi al possesso della certificazione del rating di impresa rilasciata dall’Anac ai sensi del comma 10 dell’articolo 83.

Si tratta presumibilmente di una mera dimenticanza, che tuttavia ha un effetto confusivo. Infatti, mentre da un lato sembra chiara la volontà del legislatore di disancorare il rating di impresa dal profilo della qualificazione, dall’altro permane nel sistema una norma che espressamente continua a considerarlo come un elemento fondamentale ai fini dell’ottenimento di detta qualificazione.