Infrastrutture/2. Pedemontana veneta, con 300 milioni regionali Zaia salva i cantieri

La Regione Veneto “salva” la Pedemontana con uno stanziamento diretto e straordinario di 300 milioni che scongiura lo stop ai cantieri, ma per coprire la cifra è costretta a reintrodurre un’addizionale Irpef (abolita nel Veneto dal 2009) per i redditi sopra i 28.000 euro. E naturalmente scoppia la polemica. Anche perché i 94,7 km di superstrada a pedaggio, aggiudicati con un project financing al Consorzio Sis, hanno già beneficiato di contributi pubblici, tra statali e nazionali di circa 600 milioni che con quest’ultimo finanziamento arrivano a 900, a fronte di un investimento complessivo di 2,2 miliardi. Nei mesi scorsi il concessionario ha inutilmente cercato di ottenere dalle banche i finanziamenti necessari al proseguimento dei lavori: 1,6 miliardi di euro, per reperire i quali era stata preparata una emissione di bond in collaborazione con JP Morgan, e il coinvolgimento anche di Cassa Depositi e Prestiti per un sostegno “istituzionale” all’opera.

Del resto la Pedemontana Veneta è sì una superstrada a pedaggio il cui concedente è la Regione Veneto, ma è anche, in questo momento, la più grande opera infrastrutturale stradale avviata in Italia. Proprio Cdp però ha fatto emergere, con un proprio studio sui flussi di traffico, stimati molto inferiori rispetto a quelli indicati nel Pef dell’opera, la insostenibilità finanziaria del progetto. Era l’estate scorsa e da allora Regione e concessionario hanno cercato una via d’uscita. Il primo gennaio di quest’anno l’opera è tornata in gestione diretta alla Regione Veneto, con la fine della fase commissariale affidata all’ing Vernizzi. È stata creata una task force formata da Ilaria Bramezza, Marco Corsini e Elisabetta Pellegrini che ha commissionato un nuovo studio sui flussi di traffico, ha aperto una fase di confronto con il concessionario e ha coinvolto numerosi soggetti istituzionali per trovare una via d’uscita sostenibile.

La soluzione trovata, con l’ok anche della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dei Ministeri delle Infrastrutture e delle Finanze, dell’Avvocatura dello Stato, di Cdp, Bei, Anac e Corte dei Conti è la riscrittura del Contratto di Concessione. I criteri sono questi: contributo regionale in conto costruzione di 300 milioni, in aggiunta al contributo statale già erogato, pedaggi incassati direttamente dalla Regione e non più dal concessionario, la cui remunerazione è assicurata dal solo canone di disponibilità per la durata dell’affidamento, cioè 39 anni. Aumento del rischio disponibilità in capo al Concessionario, imposizione di un termine certo per il closing finanziario e imposizione di termini precisi e penali per il pagamento degli espropri. Con il vecchio Pef i ricavi del concessionario tra pedaggi e canone di disponibilità, per i 39 anni del contratto erano di 18,8 miliardi, ora con il solo canone di disponibilità scendono a 12,1 miliardi, in linea con la remunerazione delle altre operazioni di Project in Europa.

Detto in altri termini, scompare definitivamente dal contratto, il discusso contributo al concessionario nel caso i flussi di traffico fossero stati inferiori alle previsioni, il cui valore massimo era di 532 milioni in 15 anni, contributo che di fatto cancellava il vero unico rischio in capo al concessionario, e viene riscritto il piano finanziario alla luce anche delle nuove stime di traffico: se il vecchio PEF stimava 33.000 veicoli al giorno, e lo studio di CDP non si spingeva oltre i 15.000, l’ultimo studio commissionato dalla Regione li fissa tra 18.000 e 20.000. Il riequilibrio del Piano passa poi attraverso l’eliminazione dell’esenzione per i residenti nei comuni attraversati dall’opera, bilanciata da un parallelo taglio delle tariffe che scendono del 23% per le auto e del 16% per i camion. Grazie anche al contributo della Regione e alla disponibilità del Consorzio Sis ad aumentare l’equity impegnato, il valore del bond scende a 1,15 miliardi di euro e dovrà essere tassativamente “piazzato” sul mercato entro 8 mesi dalla sottoscrizione del nuovo contratto, pena la rescissione dello stesso senza penali per il concedente.

Naturalmente perché tutta questa architettura stia in piedi è necessario un voto del Consiglio Regionale che deve approvare la manovra tributaria prevista, cioè l’addizionale Irpef. E non sarà una passeggiata. La Regione infatti non ha 300 i milioni necessari e quindi ha già deliberato, il 27 febbraio scorso, l’accensione di un mutuo di pari importo con CDP. Ma le regole di bilancio impongono una entrata analoga e quindi è necessario approvare la modifica del Defr (Documento economia finanza regionale) che introduca l’addizionale Irperf. Secondo quanto anticipato dal Presidente Luca Zaia, l’addizionale scatterà per i redditi oltre i 28.000 euro. Secondo le simulazioni fatte dalla Regione questo si tradurrà in una tassa aggiuntiva che sarà di 36 euro l’anno per i redditi fino a 30.000 euro, per crescere fino a 936 euro l’anno per quelli oltre gli 80.000 euro.

Una misura ovviamente impopolare ma che sembra l’unica in grado di assicurare il completamento dell’opera oramai al 30% di avanzamento, con gallerie e ponti realizzati e con il tracciato già scavato per quasi tutto il percorso. La Regione ha evidenziato i vantaggi che derivano da questa soluzione: riduzione dell’impatto sul bilancio regionale rispetto al contratto vigente con una certezza e stabilità dei valori da iscrivere nel bilancio stesso e migliore pianificazione degli impegni di spesa. Ma questo non basta ad assicurare un tranquillo passaggio in Consiglio Regionale del provvedimento. Il Presidente Zaia ha commentato: “Se il Consiglio non vuole si inventi un’altra soluzione”. E molti veneti si chiedono perché dovranno pagare un’opera in project financing, che doveva cioè essere finanziata dai privati, due volte: con i pedaggi e con le tasse.