Nella materia degli appalti pubblici vige il principio generale della immodificabilità dell’offerta, che è regola posta a tutela della imparzialità e della trasparenza dell’agire della stazione appaltante, nonché ad ineludibile tutela del principio della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale. In applicazione di tale principio avente carattere generale, nelle gare pubbliche è ammissibile un’attività interpretativa della volontà dell’impresa partecipante alla gara da parte della stazione appaltante, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purché si giunga ad esiti certi circa la portata dell’ impegno negoziale con essi assunti; evidenziandosi, altresì, che le offerte, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante, senza peraltro attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente. (Consiglio di Stato, sez IV, 06/05/2016 n.1827). L’attività della Commissione limitata ad una mera correzione dell’errore di calcolo non lede in alcun modo in concreto la par condicio dei concorrenti (…); essa integra, di conseguenza, un mero esercizio del potere – dovere di interpretazione dell’offerta alla luce degli elementi oggettivi in essa contenuti allorquando l’offerta economica appare univoca e intrinsecamente coerente, nonché determinata e oggettivamente verificabile in tutti i suoi elementi. Non vi è alcuna inammissibile attività manipolativa ad opera della Commissione quando si è limitata a correggere un mero errore materiale, a fronte di una volontà correttamente espressa dalla partecipante in relazione all’offerta economica, nei limiti indicati dalla consolidata giurisprudenza in materia: ed invero, l’errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque (in tal senso Consiglio di Stato sez VI, 02/03/2017 n.978). Nella fattispecie, inoltre, il Collegio ha ritenuto che non possa assumere valore escludente in un sistema ordinamentale, quale per l’appunto quello italiano, basato sul principio di tassatività delle cause di esclusione e sul divieto di irragionevole restrizione della concorrenza, in applicazione di rigidi formalismi non funzionali al perseguimento di interessi meritevoli di tutela, la mancata espressione del ribasso offerto con tre decimali dopo la virgola, ancorché così richiedesse il disciplinare di gara; e che, pertanto, l’offerta non possa per questa ragione ritenersi né incompleta, né indeterminata, dovendosi intendere i decimali omessi come pari a zero, cosicché il risultato finale è rimasto inalterato.