Il presidente Scicolone: preoccupano nel mondo dell’imprenditoria italiana le dichiarazioni del Governo sulle modalità di ricostruzione
 
«A Genova è necessario coinvolgere le eccellenze dell’ingegneria e delle costruzioni». L’Oice, l’Associazione aderente a Confindustria che riunisce le società di ingegneria e architettura italiana, interviene nel dibattito sulla ricostruzione del Ponte Morandi con il Presidente Gabriele Scicolone: «Preoccupano e provocano disappunto nel mondo dell’imprenditoria italiana le dichiarazioni di questi ultimi giorni sulle modalità di ricostruzione del ponte. Il Governo indica con dichiarazioni pubbliche da chi sarà realizzato (ribadito nell’audizione davanti alla Camera del 27 agosto dal Ministro Toninelli); mi chiedo come si possa, con una sola dichiarazione, da una parte delegittimare tutto il sistema imprenditoriale dei costruttori e delle società di ingegneria private italiane, relegandole a ruolo di spettatori incolpevoli e presunti malfattori e dall’altra dare una lenzulolata al sistema degli appalti in vigore in questo Paese, lasciando tutti gli operatori sgomenti e con una sensazione di incertezza sul futuro prossimo. Da imprenditore e da manager mi chiedo, come si chiedono tanti colleghi, se ha senso fare impresa in un Paese che etichetta, ancorché se sull’onda emotiva di fatti terribili, tutto il modo imprenditoriale come truffaldino o incapace. Noi, tra i migliori progettisti del mondo, che viviamo in uno dei Paesi con la più alta densità di ponti e viadotti per km lineare, da noi progettati e costruiti, dobbiamo oggi sottostare a dichiarazioni che, implicitamente ma visibilmente, ci estromettono dal nostro mestiere». 

Per Scicolone «si può capire l’urgenza, e saremo pronti a capire le eventuali procedure d’urgenza che il Governo adotterà, ma non si può rimanere in silenzio di fronte ad una assegnazione fatta ai microfoni della televisione a favore di una impresa, sia pure di Stato, di un’opera di tale importanza, senza tenere conto del mondo imprenditoriale, se non italiano, internazionale, che potrebbe voler portare il proprio valore e contributo con la legittima volontà di costruire un’opera, aiutare le comunità, lasciare un’impronta sul territorio (una mission fondamentale del mestiere degli ingegneri ed architetti) e, perché no, trarne del legittimo profitto».
Così conclude il presidente dell’Oice: «Il ponte Morandi è stato un’opera dell’ingegno italiano, crollata per effetto di numerose concause che ci auguriamo vengano quanto prima acclarate, ma che non sono ascrivibili a chi oggi progetta o costruisce».