Dall’avvalimento frazionato a quello “a cascata”, dai “compiti essenziali” al divieto di partecipazione alla gara per l’impresa ausiliaria

Oltre alla tematica relativa ai “compiti essenziali”, la disciplina dell’articolo 89 del D.lgs. 50/2016 contiene altri limiti e divieti relativi all’utilizzo dell’avvalimento.
Si tratta essenzialmente di norme introdotte dal legislatore nazionale anche al fine di adattare le modalità di funzionamento dell’istituto alla realtà specifica del nostro ordinamento. Di conseguenza esse non trovano alcuna corrispondenza nella normativa comunitaria, cosicché in relazione a ciascuna di esse si pone anche il tema della loro compatibilità con quest’ultima. 

L’avvalimento frazionato
Il comma 6 prevede espressamente l’avvalimento frazionato tra più imprese ausiliarie, superando l’impostazione contenuta nella versione originaria del D.lgs. 163/2006.

Tuttavia il tema se sia consentito anche l’avvalimento frazionato tra impresa principale e una sola impresa ausiliaria, nel senso del cumulo dei requisiti posseduti dalle suddette imprese. 
Nel regime previgente, infatti, pur non essendovi una specifica disposizione che vietasse la sommatoria dei requisiti dell’impresa principale e dell’impresa ausiliaria, la giurisprudenza prevalente si era espressa in tal senso. 
Secondo questa tesi non poteva ammettersi che l’impresa principale, in possesso di parte del requisito di qualificazione, si avvalesse dell’impresa ausiliaria a sua volta titolare del medesimo requisito per altra parte.

Il giudice amministrativo partiva dal ragionamento secondo cui l’avvalimento è un istituto di carattere generale che ha il fine di aumentare il livello di concorrenzialità. 
Il principio della più ampia concorrenzialità trova un limite nell’esigenza che la stazione appaltante abbia la certezza di ricevere la prestazione da soggetti idonei, in grado di procedere all’esecuzione dell’appalto secondo adeguati standard qualitativi. E tale certezza non sarebbe assicurata nel caso in cui si consentisse che alla gara partecipino soggetti che non sono autonomamente in possesso dei requisiti di qualificazione nella loro integralità. 
Da qui l’introduzione da parte del legislatore nazionale di alcuni limiti all’utilizzo dell’istituto che si ricollegano alla necessità di non vanificare il processo di qualificazione che appartiene alla discrezionalità della stazione appaltante e che non può entrare nella disponibilità dei concorrenti come avverrebbe nel caso in cui si consentisse la partecipazione alla gara a un soggetto che né direttamente né tramite l’impresa ausiliaria sia in grado di dimostrare il possesso integrale e autonomo del requisito di qualificazione indicato dal bando.

 
Queste argomentazioni si devono ritenere superate a seguito dell’intervento della Corte di giustizia UE e delle conseguenti scelte operate dal nostro legislatore. Se infatti la disposizione contenuta al comma 6 dell’articolo 89 consente che un determinato requisito possa essere frazionato tra più imprese ausiliarie, a maggior ragione si deve ritenere che tale frazionamento possa operare tra l’impresa principale e l’impresa ausiliaria.
Il divieto di avvalimento a cascata
Il comma 6 dell’articolo 89 vieta che l’impresa ausiliaria si avvalga a sua volta di un’altra impresa. Si tratta del divieto del così detto avvalimento a cascata che implica che l’impresa ausiliaria debba possedere in proprio i requisiti oggetto di prestito, senza possibilità di chiamare in causa altri soggetti. Si tratta di un divieto che ha tradizionalmente trovato spazio nella disciplina nazionale dell’avvalimento, essendo presente anche nel D.lgs. 163/2006.
Si deve ritenere che il divieto in parola sia compatibile con la sua normativa comunitaria. Quest’ultima infatti prevede che l’impresa principale possa avvalersi dell’impresa ausiliaria facendo affidamento sulle risorse di quest’ultima, che quindi deve prestare in prima persona i mezzi e le risorse necessari senza che sia ipotizzabile che tale prestito avvenga tramite soggetti terzi. In sostanza il divieto di avvalimento a cascata è connaturato al funzionamento dell’istituto anche nella logica dell’ordinamento comunitario, che fa sempre esclusivo riferimento al prestito diretto dei requisiti dall’impresa ausiliaria all’impresa principale.
Divieto di partecipazione alla gara dell’impresa ausiliaria
Il comma 7 dell’articolo 89 pone due limiti all’utilizzo dell’istituto. Il primo deriva dall’affermazione del principio secondo cui l’impresa ausiliaria può prestare i propri requisiti a un solo concorrente nell’ambito della specifica gara. Il secondo ribadisce il divieto per l’impresa ausiliaria che presta i propri requisiti a un concorrente di partecipare in via autonoma alla medesima gara.
Questi due divieti ripropongono il dubbio della loro compatibilità con l’ordinamento comunitario, specie alla luce della lettura che la Corte di Giustizia offre della disciplina Ue in tema di avvalimento. 
Il dubbio deriva in particolare dal fatto che l’impresa ausiliaria non è un concorrente in senso proprio. Essa si affianca all’impresa principale sulla base di un rapporto che può essere di varia natura, ma che non implica mai la contitolarità del contratto e quindi neanche la contitolarità dell’offerta. In questa logica, non avrebbe senso prevedere delle disposizioni che hanno come fine ultimo proprio quello di evitare commistioni tra concorrenti in sede di formulazione delle relative offerte, posto che l’impresa ausiliaria non avrebbe alcun ruolo in questa fase.

 
I divieti posti dal comma 7 potrebbero essere visti come un’indebita restrizione a un utilizzo dell’istituto coerente con i principi di massima apertura al mercato, specie con riferimento all’esigenza di agevolarne l’accesso alle piccole e medie imprese.

 
Occorre tuttavia considerare anche una diversa prospettiva, incentrata sulle garanzie che il legislatore nazionale ha inteso predisporre ai fini di un utilizzo dell’avvalimento in linea con il nostro sistema normativo. In questa logica i due divieti appaiono coerenti e finalizzati a salvaguardare i principi di concorrenzialità e trasparenza. In particolare, tali divieti vogliono evitare ogni forma di possibile collegamento tra soggetti che, sia pure a diverso titolo, partecipano alla medesima gara, in una logica volta a dare la massima espansione al principio della segretezza delle offerte.

L’Albo nazionale dei gestori ambientali
Il comma 10 sancisce il divieto di avvalimento al fine di soddisfare l’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali di cui all’articolo 212 del D.lgs. 152/2006. Tale divieto comporta quindi che i soggetti che partecipano alle gare per le quali è richiesta tale iscrizione devono necessariamente possederla in proprio. 
Viene in questo modo superata a livello legislativo la questione che si era posta se tale iscrizione andasse intesa come un requisito di qualificazione o come un requisito di esecuzione, che eventualmente poteva essere assolto subappaltando le relative attività ad un’impresa in possesso dell’iscrizione all’Albo. Appare infatti evidente che la regolamentazione di tale profilo nell’ambito della disciplina sull’avvalimento comporta che il requisito in parola attiene alla fase di qualificazione e deve essere posseduto necessariamente dall’impresa concorrente.

 
Le opere superspecialistiche
Un ultimo divieto è quello contenuto nel comma 11, che rappresenta una novità rispetto alla disciplina previgente. Esso riguarda i lavori di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica inseriti nell’ambito di un appalto più complesso, costituendo indice del loro particolare rilievo la circostanza che il relativo valore sia superiore al 10 % dell’importo totale dei lavori. Si tratta delle strutture, impianti e opere speciali (comunemente definite opere superspecialistiche) la cui concreta individuazione è stata operata con il Decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti 248/2016.
Per queste opere che superano la soglia del 10% sopra indicata non è ammesso il ricorso all’avvalimento. Questa limitazione non è rimessa alla scelta discrezionale del singolo ente appaltante, trattandosi di un divieto assoluto esplicitamente fissato dalla norma. 
Ed è proprio con riferimento a quest’ultimo profilo che si pongono i dubbi sulla compatibilità comunitaria della previsione. Il giudice comunitario infatti, nelle sue pronunce sull’avvalimento, non ha escluso in assoluto che l’ente appaltante possa introdurre limitazioni nell’utilizzo dell’istituto, ma ha sottolineato come tali limitazioni debbano essere valutate ed eventualmente inserite in relazione alla singola fattispecie. Ciò che invece appare difficilmente compatibile con il diritto comunitario è che divieti e limitazioni siano previsti dal legislatore in termini generali ed astratti, a prescindere cioè da ogni autonoma valutazione dell’ente appaltante.